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Fine vita e caregiver familiari: temi da non mescolare

Inserito da Stefano Su 3 novembre 2023, ore 16:25 In Diritti | Commenti disabilitati

Badante con persona disabile

Una caregiver familiare, insieme a una persona con disabilità grave

Non mi sarei mai immaginata che il 31 ottobre 2023, scorrendo la bacheca del mio profilo Facebook, avrei letto che nella mattina di quel giorno ci sarebbe stata la diretta della conferenza stampa , presso il Consiglio Regionale del Veneto della presentazione del progetto di legge Disciplina regionale per la promozione delle cure palliative e dell’assistenza sanitaria alle persone affette da malattia terminale o inguaribile. Divieto di eutanasia omissiva e commissiva e istituzione di apposito albo per i caregivers . Presso quel Consiglio Regionale del Veneto dove nel gennaio di quest’anno la nostra organizzazione [Associazione Genitori Tosti in Tutti i Posti, NdR] aveva presentato il nostro libro sui caregiver familiari italiani .

Le domande erompono: perché i caregiver solo dei malati terminali? O anche: cosa c’entrano i caregiver familiari con la fine vita? E poi: ma si parla di caregiver familiari o di caregiver? Perché sono due figure distinte , normate in maniera diversa: nel testo di quel progetto di legge, invece, si usa indifferentemente la dicitura caregivers e caregiver familiari .
Se nel testo di questa proposta di legge, presentata al Consiglio Regionale del Veneto il 2 agosto 2023 (!) e di cui non si è mai fatta menzione da nessuna parte, si parla di « albo e interventi per la tutela del caregiver» ecc. , perché al Tavolo Regionale del Veneto per il caregiver familiare, non è mai arrivato nulla? Noi Genitori Tosti ne facciamo parte insieme a vari altri Enti da tutta la Regione.
Oltretutto, nel maggio di quest’anno avevamo scritto una prima volta alla Regione Veneto per richiedere l’istituzione dell’albo dei caregiver familiari e una seconda volta nel mese di luglio. Questo nell’attesa che esca la Legge nazionale e per poter procedere ad emanare una norma regionale che possa così integrare quella nazionale ed eviti sprechi, di risorse e personale e quant’altro.
Senza contare ancora che all’inizio di quest’anno, come già detto, siamo stati invitati a Palazzo Ferro-Fini di Venezia, sede del Consiglio Regionale del Veneto, a presentare il già citato nostro saggio L’esercito silenzioso- I caregiver familiari italiani , introdotti dal presidente del Consiglio stesso Roberto Ciambetti , congiuntamente alla consigliera regionale Alessandra Sponda . A quell’incontro erano stati invitati tutti i Consiglieri, ma in sala, tra il pubblico, c’erano solo Erika Baldin e successivamente Cristina Guarda (a questo link la registrazione dell’evento).

Ho seguito quindi la diretta della conferenza stampa del 31 ottobre ei dubbi che avevo all’inizio si sono confermati nel corso della visione: la tematica della fine vita, come affrontarla e che tipo di intervento attivando non ha nulla a che fare con la regolamentazione della figura del caregiver familiare (a livello regionale). Questa figura, che nel nostro Paese è ancora priva di tutela, ha diritto ad una legge tutta sua e non in funzione della tipologia dei congiunti che assiste, nel caso specifico malati terminali. Si creerebbe tra l’altro anche una discriminazione .
Mi aspettavo inoltre l’intervento di esponenti di Associazioni di familiari e quindi di caregiver familiari, ma chi ha parlato per l’occasione ha testimoniato solo per i movimenti Pro Vita.

Presidente dell’Associazione Genitori Tosti in Tutti i Posti .

questo link sono disponibili gli articoli del progetto di legge regionale presentato nel Veneto, riguardanti i caregiver .

Articolo stampato da Superando.it: https://www.superando.it

URL dell’articolo: https://www.superando.it/2023/11/03/fine-vita-e-caregiver-familiari-temi-da-non-mescolare/

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Vaccini per le persone con disabilità: finalmente siamo stati ascoltati

Dal 3 dicembre scorso, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, la FISH ha continuato ininterrottamente a sollecitare le Istituzioni del nostro Paese ed in particolare il Dicastero della Salute, il Governo intero coinvolgendo finanche il Presidente Mattarella, per un confronto che potesse riguardare le future scelte politiche e le misure da adottare nell’erogazione dei vaccini, stante la ricaduta significativa sulle persone con disabilità e sulle loro famiglie.

Oggi abbiamo finalmente ottenuto ascolto!

Dopo mesi in cui purtroppo la frammentazione di informazione e la mancanza di un accesso prioritario ai percorsi di vaccinazione ha gettato in confusione ed agitazione milioni di persone con disabilità e le loro famiglie, i loro assistenti personali e le persone che lavorano nei servizi relativi alla disabilità, pubblichiamo qui, a beneficio di tutti, le ultime Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19 emanate oggi dal Ministero della Salute.

In esse trova finalmente riscontro la richiesta avanzata dalla FISH di garantire la priorità nell’accesso ai vaccini a tutte le persone con disabilità riconosciute con gravità ai sensi dell’art. 3 comma 3 della Legge 104/92, quali soggetti estremamente vulnerabili.

Con queste raccomandazioni auspichiamo pertanto, che ogni Regione possa dare termine all’incresciosa differenziazione, attuata in alcuni territori, sulla sola base delle patologie o dei codici di esenzione e che a partire da oggi il vaccino possa davvero garantire equità e tutela della salute delle persone con disabilità, dei loro caregiver ed assistenti, senza più fare distinzioni.

 “La garanzia del pieno accesso alle cure in condizione di sicurezza ed agibilità rispetto ai vaccini che dovranno essere assicurati per tutte le persone con disabilità riconosciute ai sensi della L. 104/92 articolo 3, comma 3 e alle persone con quadri clinici di particolare rischio, e non solo per coloro in stato di ricovero o con particolari codici di esenzione, nel rispetto della loro libertà di scelta individuale” – dichiara Vincenzo Falabella, Presidente Nazionale della FISH – “per il nostro Paese è una garanzia di democrazia e costituisce finalmente una risposta concreta alle aspettative delle persone con disabilità e delle loro famiglie”.

L’impatto della pandemia ci sta obbligando a ripensare molte cose nella nostra vita e a rimodulare alcune priorità in una direzione che preveda innanzitutto la garanzia di una maggiore tutela della salute e della sicurezza dei cittadini tutti, ma ancor di più di coloro che sono più vulnerabili ed esposti ai rischi connessi alla condizione di salute e tra questi vi sono le tante persone con disabilità e le loro famiglie. Questo è un primo passo in tale direzione. Il cammino è ancora lungo, ma la Federazione continuerà a perseguire ed agire per i diritti di tutte le persone con disabilità.

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Bambino Gesù: primo caso di fegato diviso con macchina di perfusione epatica

Un doppio trapianto di fegato da un unico donatore straniero. È stato possibile combinando l’uso di un particolare macchinario, la macchina di perfusione epatica, con una tecnica che permette di ottenere un fegato diviso in due parti da trapiantare in pazienti diversi. Si tratta del primo caso al mondo riportato nella letteratura scientifica, fa sapere l’ospedale in un comunicato, in cui questa apparecchiatura è stata utilizzata in combinazione con la tecnica dello split liver. Il lavoro dei chirurghi del Bambino Gesù è stato pubblicato sulla rivista scientifica Liver Transplantation.

LA MACCHINA DI PERFUSIONE

La macchina di perfusione extracorporea per gli organi destinati a trapianto rappresenta una tecnologia emergente degli ultimi anni. Viene frequentemente utilizzata nel trapianto di organi interi (fegato, rene, polmoni e cuore) in pazienti adulti. Consente di conservare in maniera più efficace gli organi rispetto alla modalità classica precedentemente utilizzata.

Invece di immergere l’organo, si legge, nella soluzione di conservazione e ghiaccio, viene collegato alla macchina che fa circolare al suo interno la soluzione di conservazione fredda a cui viene aggiunto l’ossigeno (perfusione ipotermica) oppure sangue ossigenato (perfusione normotermica). Questa tecnica consente di prolungare i tempi di ischemia, cioè l’intervallo durante il quale l’organo rimane al di fuori dell’organismo. Permette inoltre di migliorare la conservazione dell’organo riducendo il danno cellulare e di valutarne durante la perfusione la capacità di funzionare una volta trapiantato. In prospettiva, durante la perfusione sarà possibile “modificare” l’organo, rendendolo ad esempio più compatibile dal punto di vista immunologico.

PIÙ INTERVENTI, PIÙ SICURI

L’uso di questa metodica ha permesso di aumentare il numero degli interventi perché consente di trapiantare con maggiore sicurezza organi che altrimenti non verrebbero utilizzati: organi prelevati da donatori a cuore non battente, organi da donatori di età avanzata, organi prelevati in sedi molto lontane dal centro trapianti.

Il Bambino Gesù si è dotato del macchinario dedicato al fegato nell’autunno del 2018. Oltre che per i casi clinici, viene utilizzato per un progetto di ricerca preclinico condotto dall’unità operativa di chirurgia eptaobilio-pancreatcica diretta dal professor Marco Spada e sostenuto dall’Associazione nazionale italiana bambini epatopatici cronici (ANIBEC). Ne esistono versioni per diversi organi. Al Bambino Gesù, oltre a quello per il fegato, ce n’è anche uno per il rene, mentre arriverà a breve quello per la conservazione dei polmoni.

LO SPLIT LIVER

Nei bambini può essere trapiantato un fegato intero, prelevato da un donatore pediatrico, oppure solo una porzione del fegato di un donatore adulto in morte cerebrale. In questo caso si parla di “tecnica split”. Il fegato viene infatti diviso in due parti, di cui la più piccola viene trapiantata a un bambino e l’altra a un ragazzo o un adulto.

I chirurghi del Bambino Gesù hanno utilizzato la macchina di perfusione per dividere in Ospedale un fegato prelevato fuori Italia, dove non avrebbero potuto effettuare lo split, e realizzare così due trapianti contemporanei. Senza l’apporto del macchinario, visti i tempi di ischemia molto lunghi, ci sarebbero stati maggiori rischi di malfunzionamento degli organi trapiantati. In uno dei due riceventi, il fegato è stato trapiantato dopo 16 ore di conservazione, quando normalmente il tempo massimo è di 8-10 ore.